IL PIANETA AZZURRO

IL PIANETA AZZURRO

Il pianeta azzurro
1982. 89’. 35mm col.
Sceneggiatura, regia, fotografia, montaggio: Franco Piavoli
Assistente alla regìa: Neria Poli
Montaggio del suono: Giuliana Zamariola
Interpreti: attori non professionisti
Produzione: Silvano Agosti per la 11 marzo cinematografica
Distribuzione: Silvano Agosti per la 11 marzo cinematografica
Edizione DVD: www.azzurroscipioni.it

Premio AGIS al Festival di Venezia 1982.
Premio delle Nazioni Unite CITC UNESCO 1982
Premio del pubblico al Festival di Nyon 1982
Premio Henri Alekan al Festival di Poitier 1983
Nastro d’argento 1983
Premio Sindacato Nazionale Critici Cinematografici 1983
Premio Saint Vincent – Targa Mario Gromo 1983

Il film si svolge su tre piani. Sul fondo, appena accennata, l’evoluzione biologica: le acque, le piante, gli animali, gli uomini. Su un piano più ravvicinato l’avvicendarsi dei giorni e delle stagioni. Su un altro ancora la vita nei momenti più elementari : il gioco e l’amore, il lavoro e il riposo, la convivenza e l’aggressività…
Come gli animali anche gli uomini usano un linguaggio il cui senso va cercato nel codice dei suoni e dei comportamenti prima che nella grammatica: una lingua universale, come il pianto o le urla, il ridere o il gemere, cui ricorriamo anche oggi per esprimere i sentimenti fondamentali.

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“Il pianeta azzurro”
poema, viaggio, concerto
su la natura, l’universo, la vita.
Un’immagine diversa
da quella sempre vista.
Vero e proprio anti-Disney

Andrej Tarkovskij

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…Un film assolutamente unico, magico, primordiale, che chiede allo
spettatore una disponibilità non superficiale nell’accostarsi alla visione
ma che è in grado di sollecitare quella capacità di ascolto del mondo e
quella sintonia fra l’uomo e l’universo che sembrano irrimediabilmente
perdute.

Paolo Mereghetti – Dizionario dei film

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E’ stato come se qualcuno avesse spalancato, al posto dello schermo, una finestra magica. Ma animata del tipo di magia che ci circonda quotidianamente, quella che l’uomo del XX secolo è ben risoluto a non guardare.
Il film, che ha una lunghezza normale, inizia con lo scioglimento dei ghiacci e attraverso il mutare delle stagioni arriva all’inverno, comincia alla mattina e finisce il giorno dopo. Parte con una citazione da Lucrezio e fra io collaboratori nomina Giacomo Leopardi: ogni inquadratura potrebbe essere un verso.
Le inquadrature sono fisse, i movimenti di macchina molto parchi, La musica è somministrata con il contagocce, nessun commento parlato, la colonna sonora riproduce solo i suoni e le voci della natura, i borbottii dei personaggi, il rombo di un jet, una radio.
Insomma l’anti-Disney. Scopriamo la natura del dettaglio suggestivo o imperscrutabile, i pesci, le rane, gli insetti, l’amore degli animali e della coppia umana (analizzato nella sua sensuale spontaneità), le cicale, il lavoro dei campi, la vita sull’aia, una ragazza che guarda il tramonto, lo spuntare di Venere, la luna, ancora l’aia nel buio con i suoi interni illuminati (i teatrini dell’esistenza rurale), una donna che piange di notte, due vecchi sposi che discutono stesi sul letto, una lite per la misurazione di un campo.
Il mondo alla fine è come una scenografia da riempire con tutti i drammi e le commedie possibili: è il senso della musica quattrocentesca di Josquin Des Prez che suggella il film.
Non chiedete a uno che passa la vita al cinema di entusiasmarsi per la natura, sia pure vista al cinema. Eppure il vostro cronista vi confessa che assistendo a “Il pianeta azzurro” ha provato una sorpresa continua congiunta al senso di rimorso per il tempo perduto. Ma come? Solo a saper guardare con l’occhio quadrato di Franco Piavoli, solo a saper collegare le impressioni secondo i ritmi individuati da un grande montatore (è Silvano Agosti che ha anche in parte prodotto il film) si deve concludere che non esiste spettacolo più affascinante, complesso, avventuroso, imprevedibile del mondo in cui viviamo.
Questo film bisognerebbe farlo vedere per legge a tutti gli italiani, ma senza perdere tempo; perchè isola in vitro qualcosa di cui abbiamo estremo bisogno:
l’alfabeto perduto della realtà.

Tullio Kezich – “La vita, che meraviglia” – “La Repubblica”, 29 agosto 1982

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… i vari elementi figurativi, cromatici e fonici si fondono in un affresco di arcana e remota malinconia, al quale partecipano momenti elementari della vita umana (il pasto, il sonno, il pianto, l’amore, il gioco, il lavoro), sentiti da Piavoli come frammenti dell’equilibrio cosmico…

Giovanni Grazzini – “Corriere della Sera” – 29 agosto 1982

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…Franco Piavoli, autore eccezionale d’un film unico, “Il pianeta azzurro”, uno dei poemi più belli sulla natura che si siano visti al cinema…

Max Tessier – “Le Matin” – 5 marzo 1983

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… Mentre ci sono precedenti di film senza musica o senza parole, l’approccio de “Il pianeta azzurro” è singolare e unico…

Calvin Ahlgren – “San Francisco Cronicle” – 30 settembre 1984

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…Il film di Piavoli agisce come una banca della memoria primitiva che richiama un ritmo di vita biologico e profondo, una comunione spirituale che è stata separata: e tuttavia il linguaggio delle immagini poetiche di Piavoli riafferma questa perduta universalità tra le creature della Terra.

David Laderman – “The Daily Californian” 12 ottobre 1984

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“Il pianeta azzurro” non rientra in nessuna categoria: senza dialogo, né voce fuori campo, né sottotitoli, e con un minimo di musica, il film ci permette di guardare agli aspetti famigliari della terra come se non li avessimo mai visti prima… I suoni del “Pianeta azzurro” sono completamente integrati in esso e diventano parte della sua intensità magica…

Irving R. Cohen – “Pacific Sun” 5 novembre 1984