EMIGRANTI

EMIGRANTI

Sceneggiatura, regia, fotografia, montaggio e suono: Franco Piavoli.
Interpreti: non professionisti.
Italia, 1963, 12′ 8mm BN

Premio FEDIC al Festival di Montecatini
Premio UNICA al Festival Internazionale del Cinema d’Amatore di Copenhagen
Distribuzione: zefirofilm – Edizione DVD: \n info@zefirofilm.it Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Gli emigranti del Meridione, arrivati alla stazione di Milano carichi di valige, corrono a prendere le coincidenze per la Germania e la Svizzera. Alcuni, sperduti e stanchi, si abbandonano nella sala d’aspetto in attesa di altre partenze.

Cosa abbiamo visto in questo film?
Un treno che corre nel paesaggio italiano immerso nella pioggia. Dapprima non vediamo che la massa umana ammucchiata negli scompartimenti. Poi gli individui. Essi hanno i volti segnati dalle condizioni di vita penose dei loro paesi natali…L’obiettivo cinematografico stesso partecipa a questa comunanza di destini: le immagini riprese in primo piano non accusano, pongono delle domande ma le lasciano aperte. Anche quando alla stazione gli uomini cambiano treno, l’autore sa tenere ben stretto il suo soggetto. Benchè alcune scene invitino a rilevare i contrasti, l’autore resiste a questa tentazione. Il fascino sempre nuovo del primo piano separa l’essenziale da quel che non lo è. Il montaggio vorticoso esprime lo scompiglio, la disperazione, la confusione, l’uomo che cerca e che riesce a trovare. L’atmosfera tipica di tutte le stazioni delle grandi metropoli mette in risalto la tragedia di questi uomini sradicati dal loro mondo.
La fase finale di questo film merita particolare attenzione…Anche qui l’impiego sapiente del primo piano non soltanto fa rivivere l’atmosfera tipica delle sale d’aspetto, ma ne fa il simbolo stesso dell’abbandono, della solitudine. Dopo la precedente turbolenza queste scene finali traducono in immagini la melanconia che nasce dall’imperfezione umana: il vuoto creato dall’abbandono, dalla solitudine, dalla rassegnazione…
Questo film non segue una trama, è un film nel senso più puro del termine. E’ dentro la vita che il cinema svela le sue possibilità, al di là delle leggi del teatro o di altre forme artistiche di cui spesso è condannato ad essere semplice surrogato. E’ il mezzo ottico, la testimonianza vissuta di un fatto, si tratti di uomini o di cose. Non è dunque nel fatto di ridisegnare con abilità un’azione drammatica che si esprime l’essenza di un film, ma soprattutto nell’effetto
reciproco di impressioni visive che formano un’unità significativa..
Questo film non ha commento parlato, né del resto ne abbisogna. Che conforto vedere una volta tanto un film che fa a meno delle grandi frasi. Gli elementi acustici forniscono un perfetto esempio di omogeneità tra suono e immagine. Questi elementi provengono direttamente dall’azione del film…

Wilhelm Herrmann . “Le Monde du cineaste amateur” 1964